lunedì 24 ottobre 2011

Una settimana a Beirut

Moschea di Mohammed al-Amin e Basilica di San Giorgio, Beirut, 7 agosto 2011

Arrivando a Beirut con un ottimo volo Middle East Airlines Vasco Cesana si compiace del servizio economy class della linea area nazionale libanese, che comprende un pasto non male, forse uno dei migliori provati su voli in Y class dopo l’11 settembre (2001), portato da graziose hostess di aspetto tardo fenicio. Il collegamento con Milano è comodo, con volo diretto da Malpensa che raggiunge Beirut in circa tre ore. Avvicinandosi al centro dal vicino aeroporto, Beirut appare costellata di grandi edifici in costruzione, molto alti e molto densi, alcuni piuttosto belli, altri meno. La posizione è particolare, protendendosi su un promontorio roccioso sul mare, ed i vari quartieri che si dispongono su un territorio collinare rimanendo un po’ arroccati rispetto al fronte mare, caratterizzato da scogli e zone di cespugli libere, forse anche per motivi bellici. Gli echi delle mille battaglie che si sono combattute qui sono per forza di cose un motivo di lettura della città, soprattutto per chi, come Vasco Cesana, era nell’età della ragione tra gli anni 70 e 80, quando i combattimenti a Beirut tra le diverse fazioni libanesi irrompevano quotidianamente nei telegiornali, i Gemayel ed i Jumblatt figuravano nelle cronache appena dopo gli Andreotti ed i Craxi ed Oriana Fallaci scriveva il romanzo più vibrante sulla guerra civile libanese, “Insciallah”, che Vasco si lesse tutto d’un fiato alla sua uscita.

Interno del Museo Nazionale del Libano, Beirut, 7/8/2011
Particolare di un edificio lungo la "linea verde", Beirut, 7/8/2011
  
E’ così che la prima visita di Vasco della città si dipana lungo la famigerata “linea verde” che ha rappresentato per anni la linea del fronte tra le diverse milizie ed il confine, ancor oggi peraltro esistente, tra i quartieri musulmani e cristiani. La “linea verde” è oggi percorribile seguendo a piedi la Rue de Damas, la via per Damasco, toponimo dal forte sapore evocativo, di conversioni certo ma anche di tensioni che anche oggi da là coinvolgono il vicino paese dei cedri. Si può cominciare dal bel Museo Nazionale del Libano, i cui reperti migliori sono sopravvissuti alla guerra restando  racchiusi in sarcofaghi di cemento che li hanno protetti nei tanti anni in cui il Museo è stato al centro della linea del fuoco. Proseguendo lungo la Rue da Damas i radi edifici rimasti allo stato in cui erano alla fine della guerra impressionano Vasco. Il loro permanere tra l’avanzare dei nuovi grattacieli e delle costruzioni moderne è un contrasto che lo colpisce, quasi un monito da immortalare nella memoria, essendo destinato a soccombere a breve di fronte agli interessi immobiliari ed alla comprensibile volontà di guardare avanti dei libanesi, a Dio piacendo. Quegli edifici tragicamente bucherellati però gli sembrano in qualche modo più “vivi” dei palazzi luccicanti di cristallo globalizzato, forse anche perché nelle loro sagome incerte si può ancora leggere il passato, dove dietro ai buchi dei proiettili si intuisce ancora la bellezza di molti palazzi del centro cittadino costruiti a cavallo tra l’impero ottomano ed il mandato francese. 

Passeggiando lungo la Corniche, Beirut, 6/7/2011
Place de l'Etoile, Beirut, 7/8/2011
Veduta dalla chiesa greco-ortodossa di San Giorgio, Beirut, 7/8/2011


Veduta laterale dell'Holiday Inn, Beirut, 8/8/2011
Il centro storico è ormai stato quasi completamente ricostruito, da Place de l’Etoile  irradiandosi a fianco della grande Place de Martyrs e della zona archeologica dove si sovrappongono le Beirut fenicia, greca e romana. Sullo sfondo, la grande Moschea blu di Mohammed al-Amin si affianca alla Basilica cristiano-maronita di San Giorgio. Non lontana un’altra San Giorgio, ma questa volta in versione greco-ortodossa. Insomma le ricostruzioni vogliono rimarcare, quasi ostentare, nel centro della capitale, la persistenza del “mosaico” libanese nonostante le guerre ed i conflitti anche se la confrontation, almeno sul piano simbolico, continua: pare che, per eguagliare i pinnacoli della moschea, il nuovo campanile della basilica di San Giorgio alla fine raggiungerà i 70 metri e sarà dotato di un’enorme campana, attualmente in costruzione in Normandia, che potrebbe stordire i vicini muezzin Camminando in direzione del porto, i grandi cantieri del contestato consorzio di ricostruzione Solidaire sono all’opera per la sistemazione della zona. Sulla sinistra, il più imponente degli edifici residuati dalla guerra civile: l’Holiday Inn, il più alto edificio dell’epoca e come tale posizione strategica durante la guerra, presidiato ancor oggi dall’esercito libanese. Spaventoso ma incredibilmente solido, data la capacità di resistenza dimostrata alle migliaia di proiettili di ogni tipo che lo hanno colpito per anni. Poco sotto, il Saint George Yacht Club testimone anch’esso della tormentata geografia delle tensioni libanesi in quanto luogo dove nel 2005 venne fatto saltare in aria il primo ministro della ricostruzione Rafik Hariri.

Nel nuovo shopping center nell'area dei Suqs", 10/8/2011
 Proseguendo lungo la linea costiera verso sinistra si impone invece uno dei luoghi per eccellenza della Beirut che vuole vivere ed incontrarsi: la lunghissima passeggiata a mare La Corniche. Percorrendola in un sabato sera agostiano, Vasco vi trova una miriade di famigliole musulmane con le donne velate, ragazze, anch’esse musulmane, leggermente velate  ma truccatissime e piuttosto provocanti,  giovani cristiane con gli shorts, gnocche non si sa di quale religione ma, appunto, gnocche, ragazzi che si sparano musica araba a tutto volume fumando il narghilè, ragazzini che si tuffano nel buio dalla scogliera.  E’ questa varietà che colpisce Vasco, una varietà estremamente vitale che, data la storia più o meno recente, gli fa anche apprezzare a Beirut l’ostentazione di ricchezza delle fasce più abbienti, la cura nell’aspetto e nel vestire delle donne di tutte le età, la testarda voglia di dimostrare la “diversità” libanese, sia che questa diversità si manifesti nella difesa ostinata e gagliarda della propria comunità sia che questa si manifesti nella consapevolezza di essere in un crogiolo unico, un’entità multiculturale avanzata sull’eterna “linea verde” delle clash of civilisations internazionali, al crocevia tra Israele, Siria, Palestina, Turchia, Iran e paesi del Golfo che qui si trasferiscono nei mesi estivi o quando vogliono divertirsi.
Manifestazione in sostegno del popolo siriano in Place de Martyrs, 10/8/2011

Girando per il centro di Beirut, 7/8/2011

Scalinata di San Nicola, quartiere di Gemmayzeh, 8/8/2011
Molto visibile e diffusa, molto di più di quanto Vasco si immaginasse, è la  presenza cristiana. Ma nulla è semplice nel mosaico libanese, le comunità cristiane sono variegate ed antichissime: oltre ai cristiano-maroniti ci sono i greco-ortodossi, i cattolici nelle varianti romana, siriana ed armena, i caldei, i melchiti, i siriaco-ortodossi e pure i protestanti. Dalla fine degli anni ’50 non ci sono più gli ebrei, a parte quando viene in visita Gad Lerner, che descrive un mirabile ritratto della sua Beirut nel suo libro Scintille, una storia di anime vagabonde (Feltrinelli, 2009). Articolate sono anche le comunità musulmane tra sunniti e sciti e le diverse correnti interne. E poi ci sono i drusi delle montagne, che sono un gruppo a parte, portatori di un culto segreto e imperscrutabile. Il fascino di Beirut secondo Vasco è tutto in questo mix di popolazioni che vivono a stretto contatto una con l’altra. Per il resto, in effetti, non ci sono secondo lui moltissime cose da vedere. Oltre alla linea verde, al museo, al “nuovo centro” ricostruito, alla Corniche, valgono una visita Hamra, in realtà un po’ deludente, ed i quartieri cristiani di Gemmayzeh ed Achrafiye, quasi un quartiere Parioli forse anche più ricco e con una movida serale di alto bordo decisamente più movimentata. Un paio di giorni possono bastare per la visita della città a meno che, come nel caso di Vasco e consorte, non si usi Beirut come campo base per visitare le numerose attrattive del Libano ed allora una settimana è sicuramente poco. O a meno si voglia veramente vivere la Beirut by night andando per i numerosi locali notturni sicuramente promettenti dal punto di vista della fauna femminile o, per gli interessati, dicono, anche gay.
Gli scogli dei Piccioni, Beirut, 10/8/2011
Una cosa secondo Vasco potrebbe rendere Beirut ancora più attraente: il mare. Nel senso che la posizione sul mare è molto bella e così le spiagge nella parte meridionale della città ma il mare non è valorizzato e, soprattutto, in troppi punti sembra un letamaio. E’ possibile che, se non scoppiano nuove crisi (come nella guerra Israele-Hezbollah del 2006 che ha provocato, oltre a tutto il resto, anche un pesante inquinamento di alcuni tratti di costa) e se gli immobiliaristi del Golfo non si ostinano in astrusi progetti simil-Dubai, la situazione anche qui possa migliorare e Beirut ritornare a godere a pieno, oltre che della sua naturale propensione ai commerci, alla ricchezza, al confronto tra culture e popoli, anche della sua magnifica posizione su quello splendido mare che è il Mediterraneo. Lo stesso verso il quale salpavano le sue antiche navi fenice. Insciallah    

Vasco Cesana attende il ritorno delle navi fenice dalla spiaggia dell'Hotel Movenpick di Beirut, 12/8/2011

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